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la rizoartrosi

La rizoartrosi 

 

La rizoartrosi è la localizzazione alla articolazione trapezio-metacarpale (TM) della artrosi primaria delle mani. Essa è l’espressione di uno squilibrio biomeccanico di tale articolazione che presenta una conformazione a sella estremamente complessa e predisposta alla instabilità. 
La malattia ha una prevalenza molto elevata nel sesso femminile dopo i 50 anni ma non è rara nel sesso maschile. La sua espressione clinica è molto variabile da forme molto dolorose e invalidanti a forme ben tollerate nonostante deformità anche molto marcate. La terapia conservativa ha un ruolo ancora principale, intesa come prevenzione secondaria della malattia e si attua con provvedimenti sintomatici medici e fisici e provvedimenti di igiene articolare e l’impiego di tutori di posizione.

Artroplastica e artrodesi 
La terapia chirurgica va presa in considerazione solo nelle forme più dolorose e invalidanti e nelle quali la terapia conservativa si sia dimostrata inefficace. 
L’artroplastica o tenoplastica in sospensione descritta da Buck-Gramcko è l’intervento che a nostro parere dà il miglior risultato inteso come compromesso tra eliminazione del dolore e mantenimento della funzionalità articolare. E’ l’intervento più indicato quando si voglia mantenere una certa funzionalità articolare residua pur comportando un certo deficit della forza di presa della mano. 
Esso consiste nella asportazione del trapezio e nella ricostruzione dell’articolazione portante del I raggio mediante ancoraggio del I metacarpale con una bandelletta ricavata dal tendine flessore radiale del carpo fatta passare attraverso un tunnel osseo alla base dello stesso. La bandelletta viene poi arrotolata su sè stessa per riempire lo spazio ricavato dall’asportazione del trapezio. 
Viene mantenuta una immobilizzazione per 4 settimane, prima di iniziare gli esercizo di mobilizzazione. 
L’artrodesi trapezio-metacarpale è invece indicata nei soggetti ancora attivi con elevate richieste funzionali e che necessitino del mantenimento della forza manuale. Richiede però tempi di immobilizzazione molto lunghi per il consolidamento. 

Artroprotesi trapezio-metacarpale 
Il problema della protesizzazione dell’articolazione TM si può dire a tutt’oggi ancora lontano dall’essere risolto. La complessità biomeccanica di tale articolazione sottopone infatti un impianto protesico a forze torsionali e di taglio che sono responsabili di una percentuale di fallimenti ancora troppo elevata per considerare la protesi articolare una soluzione definitiva al problema della rizoartrosi. Ciò nonostante nel nostro centro è iniziata da circa 4 anni l’esperienza con l’artroprotesi TM. Dopo un’esperienza iniziale con il modello Tripodal (Bedeschi-Mele) di tipo vincolato, non cementato, abbiamo recentemente iniziato ad impiantare il modello non vincolato ideato da Linscheid (Mayo Clinic), cementato, che sembra fornire migliori garanzie di durata e di stabilità. 
La protesi TM va a nostro parere riservata a casi ben selezionati, dove accanto ad una importante sintomatologia dolorosa e deficit funzionale permangano un buon trofismo osseo e un trapezio ancora ben conservato in altezza a garanzia di un sufficiente ancoraggio della protesi.

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Una nuova procedura in fase di sperimentazione, applicabile nelle fasi iniziali della malattia, consiste nel  trapianto del grasso autologo prelevato dall’addome o dalla regione trocanterica, in anestesia locale, e centrifugato nella stessa seduta con centrifughe di ultima generazione in grado di ottenere in tempi brevissimi una concentrazione e composizione ottimale di cellule rigenerative ( staminali ),  e di altri fattori contenuti nella frazione vascolo stromale ( SVF) del tessuto adiposo come fattori di crescita, interlochine e altri agenti biologici antiinfiammatori che hanno un potente effetto anti-infiammatorio,  più potente di quello che possiamo ottenere in campo farmacologico: e per noi chirurghi della mano l’obiettivo principale è proprio quello di spegnere il circuito vizioso dell’infiammazione articolare alla base del dolore e della degenerazione articolare. La riduzione dell’infiammazione della membrana sinoviale che riveste le pareti di ogni articolazione proteggerà la cartilagine articolare.

Ma oltre alla “staminalità” e a questo effetto antiinfiammatorio questo innesto di tessuto adiposo autologo, infiltrato all’interno dell’articolazione, può produrre comunque e soprattutto un importante effetto di “riempimento “ biologico dello spazio articolare, con la finalità meccanica di mantenere separati i capi articolari sede del processo artrosico.

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CHIRURGIA ELETTIVA

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